Per ogni settimana del Concorso, un Racconto d’estate.
Le migliori 12 storie selezionate ad esclusione dei 10 vincitori.
Autostrada A6 Torino Savona
Linea bianca spezzettata, alternata al grigio interminabile e il rumore di ferraglia che urla. Cara autostrada A6, seduto sul sedile del passeggero accanto a papà, ci sono io. Andrea Coreni 9 anni ...
PUBBLICATO IL 22 Settembre 2015
Brughiera Ovest (o Autogrill Villoresi est)
Una borsetta modello Kelly di Hermès,una scarpa abbinata con tacco 12, un orologio luccicante in oro.Piccoli indizi di benessere ormai riconoscibili anche a distanza. Sapeva bene come in quella ...
PUBBLICATO IL 22 Settembre 2015
Autogrill di Secchia Est
Io non l’ho mai capita, sta cosa del piattino. Cioè, io arrivo dopo un pomeriggio intero in colonna con la vescica che scoppia e tu, dall'alto del tuo metro e quaranta scarso, mi guardi storto ...
PUBBLICATO IL 21 Settembre 2015
innesto A11/A1, chiesa di Michelucci
Erano gli anni ‘90 e l’industria della moda, nonostante qualche vago presagio di crisi, era ancora in gran tiro. Ma il ragazzo non si era mai voluto occupare di vestiti e così suo padre, di ...
PUBBLICATO IL 21 Settembre 2015
Padova Est
Quando inizio a vedere l’albero in mezzo al guard-rail so che sto per arrivare a casa. Sono cinque anni ormai che passo almeno due ore al giorno su questa maledetta autostrada. E più passa il ...
PUBBLICATO IL 21 Settembre 2015
Storie di bambini scomparsi
Ogni tanto ci ripasso. Due, forse tre volte al mese. L'Area di servizio della A22 , Garda Est, poco più di cento chilometri di ricordi belli e dolorosi, di quelli che stringono il cuore e ti ...
PUBBLICATO IL 21 Settembre 2015
autogrill Sillaro Ovest
Doveva sempre andare in bagno. Ovunque fossero, invariabilmente a un certo punto Claretta esordiva così: “devo fare la pipì”. Sempre nel bel mezzo di qualcosa. Giulia sospettava che il nuovo, ...
PUBBLICATO IL 18 Settembre 2015
svincolo A4 per A22
Tutti fermi sotto l’acqua, non si riesce nemmeno a capire perché. Per quanto si diano da fare, i tergicristalli non possono liberare il vetro dalla pioggia per il tempo necessario a vedere due ...
PUBBLICATO IL 18 Settembre 2015
Autostrada A22- A1
Autostrada A22. L'una e mezza di un martedì notte qualunque. Michele Roversi ha passato da una decina di minuti l'uscita Reggiolo-Rolo. Da Verona Nord sono 4,10 euro di pedaggio pagati dal suo ...
PUBBLICATO IL 18 Settembre 2015
La mia storia nasce da un viaggio che ho fatto quest'estate a Venzone e dalla forte impressione che mi hanno provocato le omonime mummie. Come il protagonista del mio racconto, ignoravo la loro esistenza.
Ettore Salvaterra, archeologo di chiara fama, aveva dedicato la vita alla ricerca e allo studio di reperti della civiltà egizia. Del resto, non avrebbe potuto fare diversamente, poiché fin da ...
PUBBLICATO IL 17 Settembre 2015
Nell'Area di Sosta Cantagallo
Quando il pullman si fermò al Cantagallo per fare rifornimento e consentire al gruppo una veloce merenda all’Autogrill, appena si fu svuotato come l’incavo di una balena, un uomo, dicevo, un ...
PUBBLICATO IL 25 Agosto 2015
Tra San Lazzaro e Pescara, sulla A14
Lei rovista nella borsa e estrae un vecchio Nokia. Prima di sbloccarlo appare una foto di persone sorridenti. Lui guarda la strada che scorre dietro il parabrezza. Sono le otto del mattino ma ...
PUBBLICATO IL 21 Luglio 2015
VIAGGIA E IMMAGINA,
SCRIVI UN BREVE RACCONTO ISPIRATO A UNA TRATTA AUTOSTRADALE,
UNA SOSTA IN AUTOGRILL
O AMBIENTATO OLTRE IL CASELLO, NEI LUOGHI DEL PROGETTO
SEI IN UN PAESE MERAVIGLIOSO
Quest’autunno, i 10 migliori racconti diventeranno una raccolta di storie pubblicate in un libro disponibile gratuitamente in Autogrill, anche in versione ebook, con la prefazione di Camilla Baresani e Marcello Fois
LUNGO I TRAGITTI AUTOSTRADALI D'ITALIA,
DURANTE LE SOSTE IN AUTOGRILL,
OLTRE LE USCITE,
CI SONO MONDI DA SCOPRIRE,
SENSAZIONI E VISIONI CHE POSSONO STUPIRCI E CI MOSTRANO COME STA CAMBIANDO IL PAESE.
Bottega Finzioni fondata da CARLO LUCARELLI è una scuola, uno studio professionale e una casa di produzione. Rappresenta un progetto unico nel suo genere: un luogo dove nascono le storie e dove l’idea di narrare si realizza in tutte le declinazioni mediali possibili, dai romanzi ai fumetti, dal cinema alla televisione, dal teatro alla radio. Come nelle antiche botteghe rinascimentali allievi e maestri lavorano insieme su materiale vivo, che in questo caso sono le narrazioni, progetti già in produzione o che saranno ideati e sviluppati in Bottega per essere proposti all’esterno.
“Il tentativo vero non è quello di raccontare una storia
che somiglia alla realtà ma di raccontare la realtà come fosse una storia”
Cesare Zavattini
Tappa pianificata all’autogrill Cantagallo Ovest, A1, poco prima dell’uscita di Sasso Marconi. Meta finale del pulmino: Firenze, teatro Obihall. Le ragazze sono eccitate e divertite. Chignon fatto fin dall’alba per arrivare pronte alla finale del concorso di danza. Qualcuna si è data anche una spolverata di trucco, ma per le finiture e i dettagli meglio aspettare gli istanti prima di salire sul palco. Sanno che la giornata sarà lunga e si sono attrezzate con il necessario per la sopravvivenza: telefonini, acqua e cioccolata. La giostra dei selfie è partita all’impazzata: primi piani sorridenti, falsamente imbronciati, con la lingua fuori, colori vintage, bianco e nero, inquadrature tagliate di sghembo. Si fermano all’autogrill per sgranchirsi le gambe sottili, ... (leggi tutto)
La Frenci si mangia le unghie. Non c’è nulla da fare, non riesce a levarsi il vizio, soprattutto quando si annoia. Pensare che guarda tutti i video su Instagram che mostrano come farsi la french manicure per avere unghie lunghe e perfette. Li guarda e riguarda per imparare come si fa, ma poi si mangia le unghie. Mentre è in una situazione come questa, bloccata in auto, incastrata tra borsoni e valige, una specie di tormento le sale dallo stomaco e le corre per le braccia, le gambe e così lei si sfoga con le unghie. Vorrebbe scalpitare come un cavallo, invece è incastrata tra le borse preparate maniacalmente da suo padre, i giocattoli di suo fratello scelti per la spiaggia e il beauty case vintage della madre. Ascolta la compilation del suo Samsung con le ... (leggi tutto)
Ho sempre amato viaggiare di notte. E ho sempre amato gli Autogrill di notte.
Per la precisione amo i self-service degli Autogrill di notte. Quel senso sospeso di incertezza. Il self è aperto ma a menù ridotto. Non trovi la scelta del pranzo: trovi un paio di primi, qualche avanzo di carne, più o meno al sangue, e insalatone a giustificare una scarsa possibilità di scelta. Tanto a fare le insalatone si fa presto, e se non le vendi le infili in frigo e le riproponi il giorno dopo.
Amo anche il personale ridotto: una persona alla cassa e una ai banchi. Che poi quella alla cassa è anche quella che ti chiede, annoiata: “Vuole anche il caffè? Se lo prende adesso lo paga solo cinquanta centesimi”, come se così avesse risolto la crisi dell’euro. .... (leggi tutto)
Romeo scala una marcia, la macchina sbuffa e si ferma dietro la fila. L’odore di benzina si mescola al caldo che sale dalla strada.
“Si tratta di un’estate, poi torniamo, Dora.”
Una donna anziana siede accanto a lui. È piccola, la fronte rugosa. Guarda indietro, verso l’alto, in lontananza si intravede il santuario di San Luca. Annuisce.
Romeo si passa un fazzoletto sul viso, per un attimo le pieghe intorno alla bocca si distendono.
Le prende la mano, si sorridono incerti.
La macchina riparte e si ferma di fronte a una sbarra bianca. ... (leggi tutto)
“Se facessimo un viaggio… Dico come quelli che si facevano una volta”
“Non capisco”
“Intendo: viaggiare, non partire/arrivare punto e basta. Usare il tempo che ci vuole per aprire gli occhi, guardare avanti e accanto e sopra, coprirci se fa freddo, svestirci se fa caldo, respirare l’aria che va veloce, seguire la strada…”
“Tu stai dicendo che vuoi fare un viaggio… in strada?“... (leggi tutto)
Cerca una storia, un luogo, un personaggio e comincia a immaginare...
I nostri narratori
Camilla Baresani, scrittrice e giornalista.
Oltre che nei suoi romanzi, potete leggerla su Sette, Io Donna e Style del Corriere della Sera. È appassionata di temi legati al mondo del cibo e del vino, di cui ha scritto in molti articoli e in alcuni dei suoi libri.
Un viaggio attraverso le storie umane che ogni giorno si intersecano sulle autostrade e negli autogrill italiani. In dodici puntate settimanali, proprio come nella tradizione ottocentesca del romanzo d'appendice e in quella contemporanea della serialità televisiva, Camilla Baresani compone un quadro mobile di tipi umani i cui singoli destini si sfiorano e, a volte, collidono.
Puntata 1.12
Un lunedì mattina di giugno, in una bella giornata, il signor Dragani fu trovato morto in poltrona. La donna di servizio che aveva scoperto il cadavere riferì che al momento della morte l'anziano padrone stava sfogliando un'antica edizione illustrata dell'autobiografia di Napoleone.
Tutti si chiesero chi sarebbero stati gli eredi di quel facoltoso personaggio d'origine italiana. Da quando si era trasferito a Ginevra, circa quindici anni prima, Ettore Dragani non era mai stato visto in compagnia di sconosciuti. Passeggiava da solo, andava ai concerti di musica sinfonica da solo, non invitava in casa nessuno. Alle poche persone con cui di tanto in tanto si soffermava per scambiare un paio di battute – una coppia di vicini, il giornalaio, il suo medico, una bigliettaia del Grand Théâtre – aveva detto di essere originario di una cittadina medievale del Lazio, di cui però nessuno ricordava il nome. E di essere stato, quando ancora lavorava, l'importatore italiano di alcuni marchi di vini pregiati francesi. Non aveva mai parlato di mogli e di figli, e nessuno, per discrezione, gli aveva mai fatto domande in proposito.
Non si seppe nemmeno chi avvisare della sua morte.
Gli addetti del Municipio perquisirono la casa palmo a palmo, alla ricerca di un testamento, senza trovarlo. Nell'appartamento vennero rinvenuti documenti relativi a vari conti correnti e investimenti azionari.
Circa un mese più tardi, sul principale quotidiano della svizzera francese, tedesca e italiana, nonché sul "Corriere della Sera" e sul "Messaggero", venne pubblicato il seguente annuncio:
"Il 15 giugno 2014 è deceduto a Ginevra il Signor Ettore Filiberto Dragani, nato a L'Aquila il 25 febbraio 1924. Eventuali eredi naturali ed aventi diritto sono pregati di rivolgersi allo studio legale Aebischer".
Seguiva l'indirizzo e il numero di telefono dello studio.
A dicembre, l'annuncio venne ripetuto sui medesimi quotidiani. Questa volta era indicato il termine ultimo, il 2 maggio 2015, entro cui presentarsi per rivendicare rapporti di parentela per la spartizione dell'eredità.
Com'è ovvio, sia la prima sia la seconda volta si fecero vive diverse persone. A parte i matti conclamati e i millantatori, in cinque riuscirono a produrre prove attendibili di aver quantomeno conosciuto in tempi remoti il morto o i suoi parenti. Di quei cinque solo tre si dissero disponibili alla prova risolutiva del dna. Erano tutti piuttosto vecchi, se non decrepiti, privi di mezzi e dunque impossibilitati a mettersi in viaggio per Ginevra.
Fu così che l'avvocato Philippe Aebicher, l'incaricato del Cantone di Ginevra, che in assenza di eredi avrebbe ereditato il patrimonio milionario di Dragani, spedì il figlio, giovane legale praticante nello studio, sulle tracce dei cinque presunti parenti del morto. Erano residenti in Italia, sparpagliati nelle varie regioni del Paese.
August, questo il nome del ventottenne praticante, partì tutto contento per l'Italia alla guida della nuova Audi Q7 del padre.
Era il suo primo incarico di responsabilità, e per giunta gli avrebbe permesso di girare l'Italia e magari scoprire luoghi dove tornare in vacanza con Sabine, la sua ragazza.
La mattina di lunedì 15 giugno 2015, August attraversò il confine. Passato il tunnel del Monte Bianco, si fermò pochi minuti a Courmayeur, giusto il tempo di bere un buon cappuccino italiano. Il navigatore dava 9 ore e 14 minuti per raggiungere Rocchetta Sant'Antonio, in Basilicata, dove avrebbe dovuto incontrare Maria Carmela Cuturno, una vedova di ottantadue anni, cugina di secondo grado del defunto.
Dopo qualche ora di viaggio, August, annoiato dall'immobilità e dalla solitudine, decise di fermarsi in un'area di sosta dalle parti di Prato Calenzano. Aveva appena spento il motore e stava scendendo dalla macchina per sgranchirsi le gambe, quando notò una ragazza molto vistosa che scendeva dal lato del guidatore di una Maserati, con in braccio un bassotto fulvo...
(continua)
Puntata 2.12
Ancora seduto nell'auto, August seguì con lo sguardo i movimenti della ragazza. La vide infilarsi le scarpe (evidentemente guidava a piedi nudi) e notò che i tacchi a stiletto tendevano a sprofondare nell'asfalto rovente. La guardò mentre deponeva il cane nel boschetto che bordeggiava il parcheggio, e osservò con ammirazione lo stacco slanciato delle gambe che terminava dentro un paio di shorts, seguiti da una maglietta decisamente scollata. La ragazza raccolse i lunghi capelli neri annodandoli in uno chignon poco più grande di una pallina da tennis, prese il telefono e, mentre il bassotto razzolava nella radura, si mise a digitare messaggi. August, che aveva decisamente fame (erano ormai le due passate e non aveva ancora mangiato), chiuse l'auto e si diresse verso l'autogrill. Era a metà del piazzale quando sentì gridare: Max! Maaaax! Vieni subito qui! Maaaax! Max!
August si voltò e vide la ragazza nel boschetto, mentre cercava di agguantare il bassotto. Il cagnetto si stava per infilare tra le maglie lasche di una rete di confine. Oltre il recinto dell'autogrill si intravvedeva un paesaggio mosso e rassicurante: l'incanto toscano di olivi e cipressi.
Aiuto! Aiutatemi!, gridò la ragazza, voltandosi verso il giovane avvocato. Le si erano impigliati i tacchi in un coacervo di radici affioranti. La sua voce era forte e profonda, drammatica, da teatro greco. È la voce della disperazione, pensò August. La raggiunse in poche falcate, ma era tardi: il bassotto, oltrepassata la rete, dopo essere rimasto brevemente impigliato nelle frasche di un fossato, galoppava nell'erba giallastra tra gli olivi, con andatura sussultoria dovuta alle gambette da millepiedi.
Fu così che August, che aveva fame e sognava di addentare un panino italiano, che aveva sete e bramava gelida acqua minerale frizzante, che aveva una probabile ereditiera ottantenne da incontrare prima di sera nell'ancora lontanissima Basilicata, si trovò coinvolto nella caccia al cane più impensabile della sua vita. Anche perché non gli ci volle molto per capire che la bella, provocante Gilda altri non era che un transessuale disperatamente attaccato, anzi attaccata, all'unica fonte di vero amore di tutta la sua vita: l'inafferrabile Max.
Usando Gilda a mo' di scaletta, il giovane e atletico avvocato scavalcò la recinzione e si lanciò nell'oliveto a caccia del cagnetto, che non aveva alcuna intenzione di lasciarsi acciuffare. Intanto, rimasta dal lato dell'autogrill, Gilda gridava senza sosta col suo vocione drammatico: Max, Maax, torna dalla mamma!, Max, amore!...
(continua)
Puntata 3.12
Max si fece raggiungere davanti alla porta di un casolare. Era agile, il dannato cagnetto, e sgusciava dalle mani di August, piegato sino a terra per riuscire ad agguantarlo. La paura di venire morso faceva sì che il giovane avvocato serrasse le mani solo quando Max era già guizzato via.
Dalla porta spuntò una vecchia dalla faccia cotta dal sole. "L'è che la mi Lola l'è in calore", spiegò allo svizzero. Poi, nonostante la stazza, oltrepassò agilmente lo spiraglio aperto e diede un calcio al bassotto per spostarlo. "Se mi graffi la porta t'ammazzo", disse al cagnetto prima di afferrarlo per il collare e porgerlo ad August. "Portalo via e non rovinarmi la recinzione!" ordinò dirigendosi verso il punto da cui ancora proveniva il vocione disperato di Gilda: "Max! Maaax! Maaaax!".
Con un gesto sbrigativo la vecchia indicò ad August una scala appoggiata a un olivo e, borbottando, si chinò a osservare le maglie lasche da cui era passato il cane, aspettando che August scavalcasse la rete per tornare nell'area di servizio "Non sai quante se ne vedono, vivendo lungo l'autostrada", disse sibillina al giovane che la ringraziava per l'aiuto.
Restituito il cane, August si accomiatò anche da Gilda, mentre lei, entusiasta, tratteneva il povero Max, stretto stretto contro il seno siliconato. Speriamo che non esploda, pensò August, e si diresse in fretta verso l'autogrill. Finalmente avrebbe potuto andare in bagno, bere e mangiare. Era già in ritardo di almeno trenta minuti, e rischiava di arrivare in Basilicata troppo tardi per incontrare in giornata la presunta erede di Ettore Dragani.
Senonché, tornando circa un quarto d'ora più tardi alla sua Audi, accanto al bagagliaio trovò Gilda con una faccia da funerale. Svettante sui tacchi, con un enorme trolley e varie borse della spesa gonfie di oggetti, e con il cane che tirava il guinzaglio ansando in direzione del buco nella rete, la neodonna iniziò a lamentarsi, melodrammatica: "Povera me! E come faccio adesso? Sono proprio sfortunata, povera me!". Aveva un forte accento siciliano, che però ad August parve solo un genere di italiano assai diverso da quello dei clienti dello studio legale del padre, perlopiù industriali italiani del nord est.
"Mi dai un passaggio?" chiese Gilda. "Hai detto che devi andare in Basilicata, che sei in ritardo. E la mia macchina non parte, si è rotta, aiutami, se non mi prendi tu chi mi prende?" cercò di impietosirlo. August, riluttante, si informò sul problema meccanico e diede un'occhiata alla vecchia Maserati ammaccata, parcheggiata accanto alla sua Audi ultimo modello.. Pur di non caricare il donnone con tutta la sua mercanzia, provò a far partire l'auto, invano. Allora andò a chiedere aiuto al benzinaio, che si limitò a offrirsi di fare una chiamata al soccorso stradale. "E chi lo paga poi? Avevo giusto i soldi della benzina e dell'autostrada", disse Gilda allo svizzero. "Lasciami al bivio per Napoli, ti farò un regalo."
August inorridì. Non voleva regali. Titubante, timido e anche un po' impaurito, finì per accettare di darle il passaggio. Bisogna essere cavalieri anche con i trans? Trattarli come donne? si chiese. Decise a malincuore che sì, doveva aiutare Gilda come avrebbe fatto con una vera donna.
(continua)
Puntata 4.12
Il paesaggio delle colline toscane, con le sue eleganti ville e casali sparsi, si stemperava nella dolcezza spopolata dell'agro romano. Una piana interminabile, con greggi di pecore, profili di rilievi punteggiati dalle chiome dei pini italici, qua e là borghi medievali arroccati. Ad August Aebicher sarebbe piaciuto approfittare di ogni uscita dell'autostrada per visitare luoghi che il navigatore aveva identificato come Montevarchi, Città della Pieve, Orvieto, Orte. Tutto gli pareva molto bello, molto poetico, molto italiano, nella luce dolce del pomeriggio. Peccato che accanto a lui fosse seduta la più molesta, insopportabile, detestabile delle compagne di viaggio, l'ospite indesiderata che aveva preteso un passaggio sino a Napoli, col suo cagnetto inquieto poggiato sulle gambe.
Gilda voleva abbassare il finestrino per far prendere aria a Max e già che c'era fumare una sigaretta. Gilda si lamentava dell'aria condizionata, troppo forte. Gilda toccava tutto e il bassotto aveva sporcato col suo naso umido il vetro del finestrino. Gilda canticchiava con voce sgraziata. Gilda riceveva telefonate cui rispondeva in un dialetto ignoto al giovane svizzero, e si girava, e si lamentava, e tra una telefonata e l'altra cercava di raccontargli la sua vita, e gli faceva domande.
Il povero August, determinato a non dire nulla di sé, nemmeno il nome vero ("Mi chiamo Wofgang"), non poteva nemmeno parlare al telefono con il padre e con i presunti eredi di Ettore Dragani, per informarli su a che punto del viaggio si trovasse. Non voleva che Gilda sapesse nulla, cogliesse nomi, trovasse spunti per fargli domande.
Man mano che macinava chilometri alla guida della sua Audi, August diventava sempre più insofferente.
Arrivati poco dopo Roma, dalle parti di Valmontone, Gilda lo pregò di fermarsi perché le scappava pipì e forse scappava anche a Max. August entrò in un'area di servizio, già sicuro di cosa avrebbe fatto. Il donnone uscì dall'auto, lasciando Max sul sedile, con il guinzaglio al collo. "Wolfango, gliela fai fare tu una passeggiatina?" lo pregò. Appena la vide allontanarsi, August si precipitò a scaricare sul marciapiede tutte le valige e i sacchetti di Gilda, prese il povero Max, verso cui non provava la minima tenerezza, lo legò a un palo e ripartì a razzo abbandonando i due ospiti non voluti. Del resto, si autogiustificò, lasciarli qui o fra duecento chilometri che differenza fa? Avrebbero comunque dovuto trovarsi un passaggio.
Quella cattiva azione fu la cosa più liberatoria della sua intera esistenza, a conferma che le buone azioni difficilmente danno tanta soddisfazione quanto le cattive.
Felice, sollevato, cantando a squarciagola Are you with me con i Lost Frequencies, diede un'occhiata al navigatore: mancavano tre ore all'arrivo. Il paesaggio mutava, diveniva più aspro, meno idillico. Alla prima area di sosta, August si fermò a pulire la macchina: prese il liquido detergente che il padre teneva nel cassettino del cruscotto, e lo passò sul finestrino dal lato di Gilda, sul sedile, sul poggiatesta, sulle maniglie e persino nel vano del bagagliaio. Scrollò il tappetino del passeggero su un praticello. Poi, appena ripartito, telefonò in viva voce al padre per rassicurarlo: "Sono quasi arrivato", gli disse.
Chiamò anche la presunta erede di Dragani. "Sono solo un po' in ritardo", annunciò alla giovane che gli rispose, qualificandosi come bisnipote di Maria Carmela Cuturno.
(continua)
Puntata 5.12
Durante un lungo viaggio in autostrada, concentrati sulla guida mentre il panorama scorre e muta, si provano di volta in volta momenti di tensione, di fastidio, noia, rilassamento, distrazione e persino allegria. Ma il paesaggio mosso e boscoso del Vulture, che avvicinandosi alla Puglia diventava sempre più lunare, quasi fantascientifico, diede ad August Aebicher brividi di imprevista spiritualità. Partito da Ginevra ormai da oltre dieci ore, invece di pensare all'imminente arrivo a Rocchetta Sant'Antonio si fece prendere da sensazioni intense e sconosciute. Nella luce e addolcita del tardo pomeriggio ebbe la percezione che tra sé e il misterioso Creatore ci fosse un rapporto di grandezze talmente verticale, talmente spropositato, talmente incomparabile che ne fu quasi stordito, e soprattutto commosso. Avrebbe fatto un'ulteriore sosta per raccogliersi in preghiera - lui che era totalmente irreligioso -, se solo fosse stato avvertito dal navigatore della presenza di numerosi santuari siti tra quelle irte colline e gli speroni rocciosi, tra quelle pale eoliche vorticanti e i campi totalmente brulli, tra quelle erbacce secche e i resti di alberi reduci da vecchi incendi, che ributtavano qualche fogliolina sofferente già sul punto di seccarsi.
Incuranti dei sommovimenti mistici del giovane avvocato, gli automobilisti gli scorrevano accanto, sorpassandolo e lasciandosi sorpassare, nell'immaginazione di August quasi tutti con un'aria da viaggio delle vacanze. Non sapeva, forse, che gli italiani hanno le ferie ad agosto, non in giugno, diversamente dalle partenze a scacchiera degli svizzeri. Il giovane avvocato li immaginava diretti verso le promesse e gli inganni del Salento, la terra mitica della baldoria, della notti della taranta, della sabbia bianca e del mare cristallino, degli oliveti e dei trulli. Una fama di divertimento e bellezza da sud volto più ai giovani turisti che a malavite e drammi della povertà, giunta sino al cantone di Ginevra grazie ai racconti dei suoi coetanei..
Abbassò il finestrino, perché l'aria calda lo richiamasse alla realtà del suo obiettivo, ormai in prossimità dello svincolo di Candela. Tra poco avrebbe finalmente incontrato la più vecchia e remota dei cinque presunti eredi del milionario italiano, morto a Ginevra senza lasciare testamento.
Reso sentimentale dalla colonna sonora di John Coltrane, jazzista amato da suo padre, pensò con struggimento a Sabine, la fidanzata con cui avrebbe potuto condividere quel viaggio se solo fosse stata una vacanza. Ma non era il momento del misticismo e nemmeno del sentimentalismo, perché il navigatore gli segnalò che mancavano solo 17 minuti all'arrivo in via Dragone 6, a Rocchetta Sant'Antonio.
(continua)
Puntata 6.12
Il paese era tutto in salita (o in discesa), l'aspetto non era antico ma arcaico, le case abborracciate, frutto di fasi di edificazione successive e mai davvero concluse. Via Dragone aveva l'asfalto dissestato come dal passaggio quotidiano di ruspe, carri armati, gatti delle nevi. L'Audi del padre di August, appena immatricolata e con targa CH, poteva far pensare alla fugace visita di un ex emigrato, ricco del genere di ricchezza impossibile da ottenere in quelle plaghe prive di ogni forma di sviluppo economico, da generazioni, forse da sempre.
La casa dove venne ricevuto da Maria Carmela Cuturno era un misero appartamentino in cima a una scaletta, una stanza cucina/salotto/camera da letto che odorava di cibo cotto a lungo, ed era invasa da ogni genere di parenti, non solo dalla bisnipote che gli aveva risposto al telefono poche ore prima.
August elencò i nomi dei cinque aventi diritto, tre dei quali erano presenti, mentre gli altri due avrebbe dovuto raggiungerli a Ortona, in Abruzzo, e a Noale, in Veneto.
Ognuno dei tre futuri eredi presenti, tutti cugini di primo grado tra loro e di secondo grado dal lato materno dello scomparso Dragani, esibì gli originali dei documenti che già erano stati inviati allo studio legale di Philippe Aebicher. Il padre aveva raccomandato ad August di prelevare un campione di DNA, e gli aveva spiegato come convincere gli aspiranti eredi, sicuramente riluttanti, che quel prelievo - di dubbio valore legale, cosa che non andava assolutamente rivelata - era innocuo, pensato per favorirli e rendere più rapido e snello, cioè meno oneroso, l'ottenimento della parte spettante dell'eredità. Alla parola "oneroso", i tre vecchi cugini, uno dei quali deformato dalla gotta e con l'aria di essere più di là che di qua, si rianimarono, così come tutti gli altri parenti. Per August era difficile capirli, dal momento che parlavano in dialetto e che quindi doveva ogni volta ricorrere alla traduzione della bisnipote. "Oneri? I miei zii non vogliono pagare niente", lo informò Annamaria, la ragazza. Era spigolosa, con occhi nerissimi e la pelle già straordinariamente abbronzata. August spiegò che, una volta accertato il diritto all'eredità, ci sarebbero state delle tasse da pagare, delle procedure da applicare, dei diritti di bollo da contabilizzare, e anche una parcella del suo studio legale, da detrarre dall'eredità ricevuta. Si scatenò un parapiglia. Chi non ci stava a pagare, chi voleva il proprio avvocato, chi voleva far tacere gli altri... Annamaria , riuscì però a calmare i parenti più giovani e convincere dell'utilità del prelievo i tre eredi, due ultranovantenni e una ottantaduenne, che osservavano la scena taciturni, con occhi velati dalla cataratta.
La ragazza, che disse ad August di essere iscritta al secondo anno dell'Orientale di Napoli dove studiava il cinese e il persiano, lo aiutò a prelevare i campioni biologici e a compilare le tre buste colorate in cui conservare i tamponi, dopo averli strofinati tra il labbro e la gengiva inferiori dei tre aspiranti eredi. "Hanno tutti urgente bisogno di quei soldi" gli svelò con discrezione, mentre i parenti non la ascoltavano.
(continua)
Puntata 7.12
Dopo aver spiegato più volte la procedura - agli aspiranti eredi non sembrava mai abbastanza chiara e continuavano a fare domande, anche assurde e fuori tema - August consegnò una fotocopia a ciascuno dei tre aspiranti eredi di Dragani. C'era scritto, in italiano corretto, tutto quello che l'avvocato aveva spiegato a voce, ossia le fasi di riscossione dell'eredità: tempi stimati per lo sblocco del patrimonio dai fondi in cui era investito, modalità dell'accredito ai singoli eredi, tasse da versare, parcelle da riconoscere ai vari consulenti fiscali e legali. Se anche i due restanti presunti eredi, quelli che Aebischer doveva ancora incontrare, si fossero confermati parenti del morto, a ciascuno dei tre presenti sarebbero toccati all'incirca ottocentomila euro lordi, la metà dei quali sarebbe arrivata integra agli eredi. La notizia fu accolta con un silenzio gravido di felicità controllata. Per quanto nei mesi precedenti avessero potuto favoleggiare, o invece si fossero tenuti cauti per non provare delusioni, nessuno dei tre vecchi – e, soprattutto, dei loro parenti – aveva immaginato di poter intascare una cifra simile. Quel denaro era in grado di cambiare il corso dell'esistenza di parecchi figli e nipoti, oltre alla qualità della vita dei veri e propri eredi.
Una volta consumata in pochi minuti la gioia della notizia, i familiari dei tre vecchi cominciarono ad accapigliarsi e soprattutto ad aggredire il giovane avvocato: perché quelle tasse? Perché quelle parcelle? Voleva forse appropriarsi della loro eredità? E non c'era modo di incassare il denaro senza farsi depredare dallo stato? In pochi minuti la gioia si trasformò in rabbia, lo stupore in denuncia di ingiustizia. Mentre focolai di litigio si accendevano e spegnevano anche tra i parenti stessi, nello stanzone cominciò a diffondersi un fortissimo odore di sugo al pomodoro. Qualche cugina dall'atavico senso pratico, visto che ormai era ora di cena, si era messa all'opera. Braciole di cavallo cotte nella salsa: così Annamaria decrittò il profumo per conto del giovane avvocato ginevrino. La ragazza, un tipo energico e guizzante, le cui parole sembravano non solo uscire dalla bocca ma vibrare sul corpo, come se fosse la corda di uno strumento musicale, si affaccendava a tradurre in-e-dal dialetto, tranquillizzando chi aveva attacchi di ansia e soffocando sul nascere ogni tentativo di recriminazione o protesta. L'odio del gruppo era rivolto agli altri due presunti eredi, cugini di secondo grado quanto loro ma parenti del Dragani dal ramo paterno. Tutti ricordavano quanto il padre del povero defunto si fosse comportato da mascalzone, avendolo abbandonato poco dopo la nascita, senza più dare notizie né contribuendo in alcun modo al suo mantenimento. Dello sciagurato padre si era persa ogni traccia, al punto che solo pochi anni prima ne era stata dichiarata la morte presunta. Che dunque il ramo Dragani rivendicasse parentela e conseguente eredità era altamente ingiusto e, secondo loro, illegale. Ci fu chi addirittura chi propose ad August di appellarsi alla corte di Strasburgo.
Il giovane avvocato – erano ormai le nove di sera – cominciò a preoccuparsi della sua cena e di trovare un luogo dove dormire. Aveva pensato di andare a Foggia, così l'indomani avrebbe potuto ripartire presto, dopo aver spedito i campioni di DNA prelevati. Aveva una lista di alberghi che aveva già contattato pur senza prenotare. Mentre alcuni parenti di Dragani gli chiedevano di restare per la cena, la studentessa, dandogli improvvisamente del tu, gli disse: "Dai, resta, ma adesso noialtri dobbiamo parlare. Va' a farti due passi fino alla piazza del castello, poi mangi con noi così assaggi un po' di buona cucina delle nostre parti, e poi vai a Foggia".
August tornò dopo circa mezz'ora, e Annamaria, a nome della famiglia, mentre gli serviva degli strascinati col sugo di braciole di cavallo, lo informò che avrebbe proseguito il viaggio con lui, dormendo negli stessi alberghi – ovviamente in camere separate –, per aiutarlo a prelevare i campioni di DNA degli altri due presunti eredi e, nel caso, a smascherarli.
Per quanto riguardava il costo del viaggio, August avrebbe dovuto anticipare la quota di denaro necessaria, perché al momento Annamaria non disponeva di risorse sufficienti.
August fece il numero del padre per essere autorizzato a quello strappo alla procedura, ma poiché quello non rispondeva, pensò che la nipote degli eredi era simpatica, sveglia e anche carina, che forse era addirittura meglio non informarlo (la sua fidanzata, Sabine era figlia di un avvocato amico del padre). E così, dopo cena, nel buio limitato di una notte estiva di mezza luna, i due ragazzi si diressero verso un albergo di Foggia, dove August si era immediatamente premurato di prenotare due camere.
(continua)
Puntata 8.12
La mattina dopo, spediti a Ginevra i campioni di DNA, i due ragazzi imboccarono l'A24 verso nord. Avevano appuntamento a Ortona, dalla penultima aspirante erede. Amelia Dragani era una vedova di centodue anni, sopravvissuta alla morte di tre figli, e provvista di un numero indefinito di nipoti e bisnipoti. Era cugina di primo grado del padre di Ettore. Probabilmente non aveva mai conosciuto né il padre né il figlio, e se era successo erano comunque passati troppi decenni perché potesse ricordarsene.
Abbandonata la pianura, l'autostrada si fece affascinante; quando, dopo una semicurva, il mare si aprì davanti al muso dell'auto, il giovane avvocato ginevrino ebbe la sensazione di essere arrivato al principio del mondo, un luogo da cui era insensato allontanarsi. Pensò: "Devo tornare qui con Sabine". Ma dopo pochi chilometri si era già dimenticato quel desiderio, perché la compagnia di Annamaria era interessante e persino avvincente. Tra squarci di paesaggio dolcemente collinare e aperture marine, la ragazza gli raccontava di Napoli, dell'Orientale - una scuola prestigiosissima e unica nel panorama europeo -, degli zoroastriani e degli sciiti e dei sunniti, della guerra tra gli eredi di Maometto che si trascinava ormai da secoli... Sabine, francamente, al confronto aveva argomenti molto meno interessanti, e anche una minore vivacità espositiva. Dall'auto si scorgevano interi tratti di mar Adriatico, e il giovane August, chiacchierando di studi universitari, di località marine, di isole lontane con la giovane Annamaria, complice la bellissima musica contenuta nell'iPhone della ragazza, cominciò a provare una sensazione di eccezionale benessere, come se stesse vivendo una vacanza di quelle che poi rievochi per decenni, per dire quanto era la bella la vita quando si era ragazzi, e quante cose succedevano, e che avvincenti fatti imprevisti capitavano.
Arrivati a Ortona, ebbero qualche difficoltà a scovare il luogo dell'appuntamento, per via del navigatore che li ingannò più volte. Infine, dopo molti giri a spirale, riuscirono a raggiungere i Dragani a Lo scoglio, un ristorante sulla spiaggia, di proprietà di un nipote della centenaria. Non c'erano scogli né calanchi né rocce: il locale era nel mezzo di una spiaggia di sabbia di fronte a un "trabocco", sorta di palafitta utilizzata per la pesca e tipica di quella zona di costa.
(continua)
Puntata 9.12
Era mezzogiorno e nel ristorante, che era anche bar e sala giochi e rosticceria take- away, il personale era indaffarato a servire le persone che si affollavano al bancone. Bambini gridavano rincorrendosi, cani abbaiavano, mamme sgridavano. Non si vedeva nessun maschio adulto: sembrava un mondo di figli, di mamme e zie e nonne.
La centenaria se ne stava in un angolo, esibita come un totem che scaccia la morte. Era probabilmente del tutto inconsapevole, scossa solo da un lieve tremore, innaturalmente pallida e con un'infinità di piccole rughe sparse, disordinate. Nel calore di quella giornata piena di sole, era coperta come se fosse novembre. Tutti la salutavano e la toccavano come si fa col piede del Mosè di Michelangelo, che infatti ha un dito consumato. August si preoccupò per la vecchia: "A forza di venire toccata come un talismano, si sbriciolerà", disse ad Annamaria.
Era lei la quarta presunta erede, ma chiaramente non era in alcun modo conscia della fortuna che stava per capitarle. In un ufficetto tra il bancone e il retro della cucina, sommerso di carte, gagliardetti con l'immagine di Padre Pio e confezioni di detersivi, August fece due chiacchiere con i nipoti della centenaria. Pensò: se fosse mia nonna forse non la porterei al ristorante, rischiando che stia male e muoia senza intascare l'eredità. Ma uno dei tre nipoti sembrò cogliere il pensiero di August e disse: "La portiamo qui ogni giorno perché a casa da sola si intristisce; ha passato in questo locale tutta la sua vita. E anche se sembra che non capisca niente, sente di essere nel suo ristorante. La portiamo anche a dicembre, ogni giorno, inclusi quelli di chiusura. Altrimenti piange, i suoi occhi si riempiono di lacrime".
Annamaria, presentata come assistente del giovane avvocato, fece il prelievo del DNA. I nipoti, molto indaffarati, si lasciarono spiegare le modalità della riscossione, fecero firmare la nonna guidandole la mano e, prima di tornare al lavoro, si offrirono di ospitare i due ragazzi per il pranzo.
Così, la visita alla quarta erede, venne suggellata da brodetto di pesce, pasta alla chitarra con frutti di mare, fritto di paranza.
(continua)
Puntata 10.12
Dopo essersi fermati nella filiale DHL di Ortona per spedire il penultimo campione, August e Annamaria ripartirono alle tre del pomeriggio, appesantiti dal cibo ma alleggeriti dalla reciproca compagnia. Mancava un solo presunto erede e l'appuntamento a Noale era per la mattina seguente. La luce del sole era così nitida che dava al mondo un'aria croccante, l'autostrada adriatica era bella sia a destra - continui scorci di mare, con barchette, bagnanti, scontri tra l'azzurro del cielo e quello del mare, e un'aria di vacanze perenni - sia a sinistra - colline e montagne, paeselli fortificati, un verde dolcissimo, quasi pitturato, l'eternità del paesaggio ingentilito dall'uomo.
"Hai il costume?" chiese August alla sua accompagnatrice, dopo che avevano parlato instancabilmente di tutto, del futuro, del presente, del passato, del nulla, e che lui, per non interrompere il flusso della conversazione, aveva silenziato il telefono evitando di rispondere a telefonate del padre, di Sabine, di un amico con cui nel week end avrebbe dovuto disputare un torneo di tennis a Crans Montana. Proprio come Annamaria, che non aveva risposto al padre, alla zia, al cugino e al fidanzato, di cui tra l'altro aveva evitato di parlare con August.
"Il costume? Perché?"
"Per fare il bagno!"
"Quando?"
"Adesso! È tanti anni che sento parlare di Riccione, ci fermiamo e facciamo una nuotata e si riparte, ti va?"
"Non ho niente".
"Nemmeno io. Mi permetti di regalarti asciugamano, bikini, crema solare?"
"Non sono svizzera, dai! Mica mi scotto!"
Fu così che i due ragazzi, evitando di contaminare le loro voci e i loro pensieri con quelli di tutte le persone ansiose che aspettavano da loro risposte non decisive, fecero il primo lungo bagno della loro estate.
Nel tardo pomeriggio, si rimisero in macchina verso Padova, dove pensavano di cenare e fermarsi a dormire. Rinfrescati e pieni di energia, ripresero anche lucidità e finalmente si decisero a chiamare chi aspettava loro notizie. August rassicurò il padre dicendogli che tutto procedeva secondo i piani. Sarebbe rientrato a Ginevra la sera del giorno dopo, con il campione di DNA mancante. Chiamò anche Sabine, ma non dall'auto bensì da un autogrill dalle parti di Bologna, perché faceva fatica a parlarle con naturalezza davanti ad Annamaria, seduta a pochi centimetri da lui. Le disse che l'Italia era troppo calda, l'autostrada noiosa, gli aspiranti eredi erano vecchi cadenti cui il denaro non sarebbe servito a creare nulla di interessante, il cibo troppo pesante, e che non vedeva l'ora di raggiungerla a Ginevra.
Guidando a velocità contenuta, entro i limiti, nel piattume del paesaggio di campi e fabbriche e centri commerciali, August e Annamaria cantarono tutto il tempo le canzoni di Amy Winehouse e di Adele, che entrambi conoscevano a memoria.
Arrivati a Padova, cenarono in un ristorante senza nemmeno accorgersi di quello che mangiavano, entrambi preoccupati del momento in cui sarebbero entrati nell'albergo prescelto. Immaginavano il momento assurdo, illogico, in cui avrebbero dovuto prendere due camere diverse, quando era ovvio che avevano voglia di non separarsi nemmeno un minuto. Quando arrivarono al bancone dell'hotel, tuttavia, di fronte allo sconosciuto receptionist che porgeva loro le due chiavi delle due camere, i ragazzi non ebbero il coraggio di prendere l'iniziativa e dire che di camera ne bastava una, e Annamaria venne chiamata dal fidanzato mentre erano entrambi davanti all'ascensore, e questo finì per rompere l'incantesimo. Così, dopo un rapido bacio molto imbarazzato in prossimità delle labbra, si salutarono andando a non dormire, a girarsi nel letto e tormentarsi su cosa fosse opportuno fare, fino alle 8 del mattino seguente, quando avevano appuntamento nella sala delle colazioni.
(continua)
Puntata 11.12
Rivedersi fu un sollievo per entrambi. Dopo la colazione, il giovane avvocato ginevrino e la giovane orientalista irpina si diressero da Padova verso Noale. Avevano appuntamento con l'ultimo presunto erede di Dragani, ramo paterno. Era il figlio sessantatreenne di un cugino primo, che però non aveva mai conosciuto né sentito nominare il parente, ed era finito per entrare nell'asse ereditario solo perché avvisato da un amico avvocato di Ortona, che aveva sentito parlare in paese della fortuna toccata ai Dragani proprietari del ristorante sulla spiaggia. Walter Marotta li ricevette in casa: era un operaio cassintegrato dell'Aprilia, che sperava solo di arrivare all'età della pensione. Abitava con la moglie in una villetta ben tenuta, circondata da un piccolo giardino e affacciata su una strada provinciale. Aveva due piccoli cani di razza indefinita, ortensie fiorite nel giardino, giocattoli di plastica colorata sparsi sul prato ("Sono dei miei nipotini"). I coniugi Marotta furono molto gentili, vollero spiegare ad August e alla sua assistente cosa avrebbero fatto con l'eredità: volevano da un lato garantirsi la possibilità di assumere una badante se nell'arco di qualche anno uno di loro o entrambi ne avessero avuto bisogno, dall'altro creare un conto intestato ai nipoti per finanziare i loro studi, perché non dovessero fare gli operai e vivere tra gli altri e bassi dei cicli produttivi a singhiozzo.
Offrirono ai due ragazzi una crostata preparata dalla signora Marotta, e circa un paio d'ore dopo August e Annamaria si trovarono soli, nella macchina, col nuovo campione di DNA e l'infausta prospettiva di salutarsi alla stazione di Padova, dove lei avrebbe preso un treno per tornare a Foggia e lui sarebbe ripartito in macchina verso Ginevra.
"Andiamo a Venezia?" le chiese improvvisamente August, prendendole entrambe le mani e guardandola dritto negli occhi. "Spediamo il campione di DNA, diciamo che ci sono stati dei contrattempi, un guasto alla macchina o qualcosa di simile, e finiamo la giornata in bellezza. Così ci salutiamo domani".
(continua)
Puntata 12.12
I loro telefoni suonavano, ma August e Annamaria, innamorati come se da anni non aspettassero che di incontrarsi, non rispondevano. Non guardavano nemmeno i messaggi, eppure avrebbero dovuto.
Dopo aver camminato, ammirato palazzi e chiese, dopo essersi fatti decine di fotografie, timorosi che l'immagine dell'altro svanisse con l'inevitabile e auspicabilmente temporanea separazione, i ragazzi scelsero un bell'albergo, dove presero una sola camera. In un bacaro davanti all'hotel bevvero diversi bicchieri di prosecco, il che contribuì ad annebbiare ogni dettaglio della vita precedente e degli impegni futuri, lasciando illuminato a giorno solo lo spicchio di vita in cui erano entrambi e in quel preciso momento.
Quando finalmente Annamaria, per prima, diede un'occhiata al telefono le sembrò di ricevere una scarica di schiaffi. L'avevano cercata: il fidanzato, infinite volte (lo detestò), il padre, la madre, gli zii (li capì), amici sparsi di ogni genere(che noiosi). Toccò ad August: Sabine tre volte (si sentì oppresso), il padre infinite volte (si sentì oppresso), gli eredi irpini, gli eredi abruzzesi, gli eredi veneti (si sentì ancor più oppresso).
Perché tutti volevano parlare con loro e con quell'urgenza isterica? I ragazzi lo scoprirono solo la mattina dopo, quando finalmente si decisero, a malincuore, a tornare nelle proprie vite.
All'improvviso, dopo mesi dalla morte di Ettore Dragani, si era fatto vivo un notaio di Châteauneuf-en-Auxois, in Borgogna, esibendo un testamento olografo che risaliva a due anni prima della morte del milionario italo svizzero. Lasciava tutti i suoi beni al Grand Théâtre di Ginevra, completamente dimentico della pletora di cugini, di cui del resto conosceva a malapena l'esistenza.
Certo, era una delusione per tutti. Certo, ora bisognava spiegare ai parenti, aspettarsi ricorsi, seguire procedure, e in ogni caso commissionare perizie calligrafiche che certificassero l'autenticità della testamento. Certo, lo studio legale Aebicher avrebbe avuto il suo daffare per farsi riconoscere le spese sostenute. Certo, certo, certo.
Fu così che Mariagrazia e August decisero di prolungare di una settimana il loro soggiorno a Venezia, non sentendosi più indispensabili a nessuno, se non l'uno all'altra.
Con il suo nuovo romanzo
LUCE PERFETTA,
Marcello Fois ti invita Via Con Me
Marcello Fois è uno scrittore, commediografo e sceneggiatore italiano.
“Gli amori durano esattamente un momento perfetto, il resto è solo rievocazione, ma quel momento può essere sufficiente a dare un senso a più di una vita.”
Il senso di un viaggio, qualunque esso sia, risiede nella necessità di misurare se stessi oltre alle distanze che si affrontano. Un passo dietro l’altro, un metro dietro l’altro, un respiro dietro l’altro, per raggiungere traguardi sempre nuovi. Il mio viaggio vero è la scrittura. Tutti gli altri sono stati spostamenti, trasferimenti spesso meravigliosi, spesso carichi di attese e d’inquietudine. Fin da ragazzo ho avuto due certezze: che sarei diventato scrittore e che là fuori, oltre le montagne, oltre il mare, c’era il mondo. E le due cose mi sono sembrate sempre magicamente collegate. Con la scrittura posso vedere luoghi che i miei occhi non vedranno mai; in giro per il mondo posso scrivere pagine che non stilerò mai. Tuttavia è solo col coraggio di partire che si cambia. Nello spostarsi, nel variare il proprio punto di vista, nella curiosità di osservare gli altri, c’è il meraviglioso senso, di ogni possibile mutazione. Tutti i viaggi possibili. Tutte le narrazioni possibili. Con lo stesso biglietto.
MARCELLO FOIS