Autostrada A22. L'una e mezza di un martedì notte qualunque.
Michele Roversi ha passato da una decina di minuti l'uscita Reggiolo-Rolo. Da Verona Nord sono 4,10 euro di pedaggio pagati dal suo cantante con il quale ha fumato una sigaretta nel parcheggio prima che questi salisse sulla sua auto e se ne tornasse verso Guastalla.
Michele invece deve arrivare fino a Bologna.
Tiene i 130 km/h costanti mentre ripensa alle prove con la band, la routine del martedì sera. Ogni tanto si chiede chi glielo fa fare di andare tutti i martedì in Valpolicella a provare; quella tirata notturna lo fa arrivare al mercoledì mattina con gli occhi gonfi di sonno e in bocca il sapore amaro di troppe sigarette fumate in compagnia.
Ma alla band tiene molto e con i concerti arrotonda lo stipendio.
E poi c'è Mia, la ballerina, che viene alle prove anche se non serve. Sa per certo che si è scopata almeno due degli altri componenti, ma lui non è fra questi. E poi lui vorrebbe amarla, non solo scoparla.
Pensa alla band, divisa fra il Veneto e l'Emilia, ai chilometri macinati e al suo cantante che non prende mai la macchina, ai concerti e alle tette piccole e sode di Mia, mentre tiene i 130 costanti in direzione Bologna.
Si accende l'ennesima Winston e canticchia il pezzo dei Polkadot Cadaver in loop da quando ha scaricato il suo cantante a Reggiolo, solo dieci minuti prima.
E poi, a metà del secondo ritornello, la tragedia. Una fitta lancinante. Un groppo acido in gola. Brividi lungo la schiena. La colite.
Michele Roversi bestemmia. Lancia fuori dal finestrino la sigaretta fumata a metà proprio mentre sente gli intestini crollargli pericolosamente vicino al retto.
Cerca di rimanere concentrato sulla strada aspettando che passi la contrazione, consapevole di avere un'autonomia di 5 o 6 minuti al massimo prima di cagarsi addosso. Ma va bene, è vicino allo svincolo con l'A1 e la sosta al Secchia Ovest è ormai diventata parte della routine del martedì sera.
Bagnato di sudore freddo si immette sull'A1 e guidato dalla disperazione arriva a parcheggiare davanti all'Autogrill.
Spegne la radio, prende il portafoglio, scende di corsa ma non troppo perché i movimenti bruschi sono molto rischiosi e cammina a passo spedito verso l'ingresso.
Dentro è vuoto. Deo gratia. Michele adora l'Autogrill deserto.
- Un caffè lungo.-
- Un euro e dieci, vuole anche un Gratta e Vinci? -
- No, grazie. -
La cassiera gli sfoggia un bellissimo sorriso e gli dà lo scontrino.
Michele prende il foglietto e si dirige velocemente al bancone dove una barista giovane e decisamente bella lo accoglie con un sorriso altrettanto gioviale.
- Un caffè lungo grazie, vado un attimo in bagno. -
- Allora aspetto un paio di minuti a prepararlo, altrimenti si fredda. -
- Gentilissima. -
Michele entra nel bagno, vuoto e pulito, passa di fianco alla signora delle pulizie e corre verso l'ultima cabina, entra sbottonandosi i pantaloni e si siede sulla tazza un secondo prima di esplodere.
Se ne sta seduto lì sulla tazza, le mani incrociate sulla pancia, sudando freddo e con la nausea in gola.
Mentre l'ennesima scarica lo fa accartocciare sul water il suo cellulare squilla.
'Benissimo', pensa un pallido Michele. Estrae il cellulare dalla tasca e guarda lo schermo, numero sconosciuto, normalmente non avrebbe risposto ma sua nonna è in ospedale e non si sa mai.
- Pronto?-
-Il suo caffè è pronto signor Roversi.-
-Come scusi?-
- Il suo caffè lungo è pronto. -
- Ma lei chi...- ma dall'altra parte hanno già riagganciato.
Michele Roversi sente le viscere attorcigliarsi per un'ultima scarica.
Lentamente si pulisce, si tira su i pantaloni, tira lo sciacquone e toglie la sicura dalla porta. Non è così certo di voler uscire, anche se non sa perché.
Esce dalla cabina, si sciacqua le mani e le asciuga sulla felpa, si guarda allo specchio, pallido più del dovuto, e si dirige verso l'uscita ripassando di fianco alla donna delle pulizie.
- E' un piacere averla con noi signor Roversi. -
Michele si gira di colpo ma la donna è già sparita dalla sua visuale.
Esce velocemente e cammina verso il bar, dove trova una tazzina fumante ad aspettarlo e la barista intenta a pulire la macchina del caffè.
- Se è freddo glielo rifaccio, ho atteso un po' ma non arrivava...-
-Non si preoccupi. - dice Michele bevendo il caffè con un amaro groppo in gola – Ma lei per caso mi ha telefonato poco fa? -
- Come, scusi? - domanda la barista voltandosi un secondo verso di lui.
– Niente, mi scusi, dicevo che non è assolutamente freddo. -
- Oh meno male. – risponde la ragazza dandogli nuovamente le spalle – Sarebbe stato un peccato signor Roversi. Sa, ci teniamo a che lei stia bene con noi, questi turni di notte sono massacranti, e anche noi dobbiamo mangiare. 'Tu sei ciò che mangi', si dice così no? E noi vogliamo essere felici. -
Michele si sente assonnato.
Occhi negli occhi con la bella barista Michele Roversi espelle le ultime feci liquide nelle mutande mentre forti braccia lo cingono da dietro.