testata bambino che fotografa
Marco Matassa

Fermoposta Cantagallo

Nell'area Di Sosta Cantagallo

Quando il pullman si fermò al Cantagallo per fare rifornimento e consentire al gruppo una veloce merenda all’Autogrill, appena si fu svuotato come l’incavo di una balena, un uomo, dicevo, un anziano signore sull'ottantina, distinto, ben rasato, si avvicinò al finestrino dell’autista.

«Andate verso Bolzano?»

«Come?»

«Bolzano, andate verso Bolzano?»

«Veramente usciamo subito dopo Trento… ma lei... è sicuro di star bene?»

«Io? Sicuro. Quindi andate verso Bolzano.»

«Sì, ma non abbiamo posto, guardi… mi spiace.»

«No, ma non è per quello. Che cosa ha capito? Era per sapere se potevate farmi un’ambasciata.»

«Un’ambasciata?»

«Sì, se potete portare un messaggio.»

«Veramente, le ho detto, usciamo subito dopo Trento.»

«Va bene lo stesso.»

«No, guardi, davvero. Sto aspettando gente, non posso.»

Il vecchio abbassò lo sguardo come se avesse ricevuto una nuova pugnalata.

«È sicuro di star bene? Si è perso? È successo qualcosa?»

«No, no, niente.»

L’autista si guardò intorno. Forse l’uomo si era perso davvero, se ne leggono tutti i giorni di gente che si perde. In quella stazione di servizio, poi, c’era così tanta gente, gente di ogni tipo, di ogni razza e colore: turisti paonazzi con l’abbronzatura a righe, spilungoni lentigginosi e tracagnotti color latte, ragazze bionde al telefono. Insomma, sembrava che il mondo si fosse dato convegno proprio lì, a quell'ora, per la merenda.

C’era anche uno stormo di bikers in sella a strane motociclette dal manubrio alto mezzo metro, e un furgone carico di suore in gita.

Ecco, forse avrebbe potuto chiedere a loro.

«Signore?»

«Sì?»

«Dicevo… sicuro di non essersi perso?»

«Le ho detto di no.»

«E per quell’ambasciata…»

«Allora è disponibile? Lei sarebbe disponibile ad aiutarmi?»

«Forse… mi dica» rispose l'autista guardandosi attorno.

«Ecco, guardi, questa sì che è una buona notizia… allora, guardi, ecco… dovrebbe consegnare questa… questa lettera… sì. Lo so, le lettere non si usano più da un pezzo.»

L’uomo porse all’autista del pullman un foglio piegato in quattro.

«E l’indirizzo?»

«L’indirizzo?»

«La busta con l’indirizzo.»

«Ah, sì, la busta, certo, l’avevo preparata… dove, dove…» disse rovistandosi a casaccio nelle tasche. «Ecco, lo sapevo, accidenti, dove si è ficcata… maledetta busta...»

Dal ristorante sospeso sopra le carreggiate, un ragazzo chiamò il vecchio.

«Nonno? Nonno? Ma dove ti sei cacciato? La mamma sta per avvisare la Polizia! Nonno? Ma che fai da quella parte? Nonno! Di là, di là! Dobbiamo andare di là!»

«Sì, sì, eccomi, eccomi. Mi scusi» disse sbrigativamente all’autista, «devo andare altrimenti mia figlia mi uccide. Lei non la conosce, ma quella, oh, è una con cui non si scherza.»

«Ma signore, signore… l’indirizzo…»

«Non si preoccupi. Lei la consegni e basta.»

«Sì, ma…»

«Nonno? Nonno? Dobbiamo andare di là, di là… Nonno, di là!»

Il ragazzo si sbracciava indicando la carreggiata sud.

«Eccomi, eccomi…»

In lontananza, si sentì a stento il vecchio tutto costernato rimettersi alle sgridate della figlia che, a suo dire, aveva perso dieci anni di vita non vedendolo più. Alle rampogne della figlia si erano aggregate quelle del genero, mentre il nipote era già caduto in catalessi irreversibile da cuffiette stereo.

Qualche secondo dopo, una monovolume metallizzata partì in direzione opposta con l’uomo seduto sul divano posteriore accanto al ragazzo, stretto nella sua cintura, la mano al vento come un fazzoletto. I due si guardarono per un attimo e il vecchio signore, con il labiale, cercò di dire qualcosa: un nome, una via. L’autostrada inghiotti riluttante la monovolume con un singhiozzo.

Prima che il pullman ripartisse, dopo il rifornimento, di nuovo traboccante come la stiva di un transatlantico, l’autista lesse la lettera che nessuno avrebbe mai più potuto consegnare.

Egregia signora Helke,

solo oggi, dopo tanto tempo, sono riuscito a trovare il coraggio per dirle quello che, in tutti questi giorni di vacanza ho tenuto all’ombra del mio cuore, al riparo dai fraintendimenti e dalla malignità della gente. Solo oggi posso confessare al mondo di amarla, amarla perdutamente e di un amore che mi sopraffà, che soffoca il respiro e agita i miei giorni, le mie notti, i mie inverni, le mie estati. Come potrò raggiungerla? Come potrò essere di nuovo vicino a lei? Amore, amore, come potrò vivere ancora? Aspetterò da lei un cenno, l’aspetterò in eterno, l’aspetterò come il bambino aspetta il latte della madre, come il mare aspetta la carezza dell’onda. Perciò, ho reclutato questo messaggero, questo Mercurio alato: che sia allora il destino a riunirci oppure a dividerci per sempre.

Per sempre suo (firma illeggibile)